Scalare una montagna: non è un’impresa per tutti. C’è chi ha collezionato gli Ottomila e chi fatica a fare una passeggiata … Chi tra i monti ci vive non teme di mettersi in marcia, anche di primo mattino, con passo regolare e paziente: non conosci la montagna finché non le vai incontro, non provi a salire lungo i versanti, non raggiungi la meta. Ma occorre valutare le proprie forze e procedere con umiltà. In montagna non c’è spazio per la presunzione o le maschere: sei solo te stesso, con uno zaino sulle spalle.
Nel linguaggio della montagna gli strapiombi si chiamano pareti, come dire muri, invalicabili. Eppure non c’è monte che non venga prima o poi spianato dalle forze della natura, non c’è muro che non possa venire abbattuto, vetta che non sia stata raggiunta.
Esistono montagne da spianare, muri da abbattere, traguardi da raggiungere. Sono le asperità del carattere, il nostro io sempre più ingombrante, la nostra voglia di metterci sempre uno scalino sopra gli altri, l’egoismo del cuore che ha costruito attorno a noi quello che papa Francesco ci invita a superare: “il muro dell’indifferenza” che impedisce di vedere quanti ci vivono accanto, e molto spesso soffrono più di noi.
L’epigenetica ci avverte che non esistono geni dietro i quali nascondersi perché la loro espressione varia con l’ambiente. Nessuno può dire che un comportamento è scritto nel proprio carattere: un difetto si migliora, un comportamento si modifica, un angolo si smussa, un vizio si abbandona … Non ci sono alibi, anche se costa fatica.
“Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?” (Salmo 121,1).