Il corpo? Un dono coi suoi limiti

Il corpo? Un dono coi suoi limiti

Il corpo umano alla stregua di una macchina da smontare e riassemblare a piacere. Organi e porzioni corporee si possono sostituire per sopravvivenza o finalità estetiche,  vengono utilizzati a fini scientifici e terapeutici (cellule staminali e geni per l’ottenimento di proteine rare, ormoni, enzimi, anticorpi) o a livello industriale per la produzione di farmaci e …  possiamo anche trovarli sul mercato.

Il corpo umano appare sempre di più una straordinaria “miniera” di cui nulla è da scartare e tutto può essere utilizzato, ma ancora non basta: ecco il potenziamento cognitivo farmacologico o l’impianto neurale per stimolare il sistema nervoso centrale e rafforzare le capacità mnemoniche o cognitive o aumentare l’attenzione e la vigilanza, la creazione di nuove potenzialità, come percepire la luce infrarossa …

I risvolti etici e psicologici sono ancora tutti da analizzare, ma intanto sorgono interrogativi e si sollecitano riflessioni. Come accaduto 2 anni fa al 3° Forum di Bioetica di Strasburgo: “Le corp humain en pièces détachées” (il corpo umano in pezzi di ricambio).

Una nuova sfida per la bioetica: l’essere umano, frutto di evoluzione naturale, sembra non accontentarsi più e sogna  una dimensione artificiale e tecnologica nell’illusione dell’immortalità o quantomeno di una vita oltre ogni limite (ma esiste poi un limite?). E se c’è un prezzo da pagare,  non è forse una perdita della stessa dignità di uomini? Ci stiamo dirigendo verso un’epoca del post-umano? Un mondo popolato da robot o cyborg?

“Trans umanesimo” è il termine utilizzato di recente dal card. Ravasi nel corso di un Convegno sulle culture femminili – svoltosi in Vaticano dal 4 al 7 febbraio scorso – nel cui documento preparatorio la chirurgia estetica veniva definita “un burqa di carne”. E’ vero che quanti vivono grazie all’istallazione di un pace-maker o di una protesi qualunque potrebbero già essere chiamati in senso lato “organismi cibernetici”, ma è innegabile che le sempre nuove possibilità di manipolazione offrano scenari esaltanti e inquietanti allo stesso tempo. Se è da incoraggiare la donazione degli organi,  esiste però il rischio che le correzioni estetiche, come un veicolo per migliorare relazioni o allontanare la vecchiaia, finiscano infatti per trasformarci in corpi di plastica. E il volto rugoso di un anziano finirà per essere considerato out e da emarginare.

A “quale” concetto di corpo, o di salute, di bellezza stiamo educando le giovani generazioni?

Ci stiamo accorgendo che la commercializzazione del corpo crea disuguaglianza sociale e allarga il fossato tra nord e sud del mondo dove organizzazioni criminali stanno lucrando sulla pelle degli ultimi cui vengono asportati organi per pochi spiccioli?

“Il riconoscimento della dignità umana comporta anche il divieto di “fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro” scrivevano i vescovi accreditati presso l’Unione Europea nel  2° Volume di Scienza ed Etica (2012) ricordando con amarezza che nel mondo “la salute non è uguale per tutti”. E sono gli stessi vescovi Comece che proprio il 23 febbraio scorso hanno denunciato in un documento, predisposto dal Gruppo di lavoro sull’etica della ricerca e la cura della salute, il tema della Maternità surrogata. Quella che nel nostro Paese viene chiamata frettolosamente “utero in affitto” sta configurandosi sempre di più come un grave attentato contro la dignità dei corpi delle donne, specialmente di quelle che vivono in paesi in via di sviluppo. Costrette spesso, anche con la complicità dei coniugi, a sottoscrivere, a fronte di un compenso economico di cui la famiglia ha estrema necessità, contratti fortemente limitativi della libertà personale (rigide indicazioni di controlli medici, indagini prenatali, dieta, attività sportiva e sessuale) esse diventano di fatto un oggetto alla mercé della coppia di aspiranti genitori, chiaramente di provenienza occidentale. Non disposti ad accettare il limite della sterilità dei corpi.

Ma il Salmo 139 canta:

13 Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
14 Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda;
meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.

Frutto di una precisa combinazione di geni, ma creati a immagine di Dio, è con il nostro corpo – un dono da accogliere – che da Lui veniamo riconosciuti e amati da sempre e con “questo” corpo risorgeremo alla fine dei tempi. Ed è attraverso il corpo che noi donne e uomini, ci doniamo reciprocamente un volto, entriamo in relazione, esprimiamo amore. Accettare il proprio corpo e quello dei nostri fratelli è riconoscere la Sua voce: “Ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni” (Isaia 43,1).

 

Foto: Flickr/Luminis Kanto

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Maria Teresa Pontara Pederiva, trentina (1956), moglie e madre di tre figli, insegna scienze al Liceo Galilei di Trento; diplomata in scienze religiose con tesi in bioetica (rel. Lorenzetti), è giornalista dal 1984 per passione. Collabora con i settimanali diocesani Vita Trentina e Il Segno, le riviste delle Edizioni Dehoniane e il portale Vatican Insider-La Stampa. Con il testo La Terra giustizia di Dio. Educare alla responsabilità per il creato, EDB 2013 ha inteso condividere 30 anni di impegno per la custodia del creato.