pena

39. Siamo nei dintorni dello stato di perfezione edenica rovinata dal peccato originale, insomma… Col che chiudiamo in un certo senso il cerchio tornando all’inizio, allorché notavamo che «penitenza» deriva da «pena»: ovvero sanzione dovuta per l’errore commesso, risarcimento di un danno compiuto, ma (forse soprattutto) ricostituzione dell’equilibrio originario turbato da una colpa fondamentale. Lecito dunque ipotizzare che l’ascesi cristianamente intesa sia un tentativo di riparare la natura malata o «decaduta» – come si diceva una volta – riconducendola all’essenziale perduto.

1. «Penitenza» viene da «pena». È questa la prima osservazione – filologica, ma non solo – che deriva dalla domanda se ancora oggi sia necessario fare penitenza: con tutti i problemi che già la vita ci riserva… Giova dunque ricordare che la «penitenza» cristiana è stata fin dalle origini collegata al concetto di pena, ovvero a quello di colpa: fare penitenza non significava cioè infliggersi torture gratuite, bensì scontare la giusta pena connessa a un peccato effettivamente commesso. Non è un caso se il verbo «poenitere» appare soltanto nella tarda latinità medievale, quando si codifica la teologia della confessione.