Il concetto che molti musicisti hanno dei direttori d’orchestra si può riassumere in una battuta che circola nell’ambiente. La differenza tra Dio e un direttore d’orchestra? Semplicemente che Dio non si crede un direttore d’orchestra.
Non capita quindi tutti i giorni di incontrare un giovane direttore d’orchestra con le caratteristiche di José Omar Davila Duran. Ventotto anni, venezuelano, avviato ad una carriera internazionale; tra le sue esperienze più importanti, la direzione di un concerto a cui partecipavano ben milleottocento musicisti, fra coristi ed orchestrali, nonché il concerto inaugurale degli “Special Olympics” a Barcellona. Nel suo caso, tuttavia, la capacità di guidare milleottocento collaboratori si coniuga ad una semplicità, un’umiltà ed una fede davvero rare, non solo nel suo campo. Secondo José, per esempio, “nel silenzio si scoprono parole meravigliose che non si possono pronunciare. Che Dio mi conceda di parlare secondo conoscenza, e di capire come corrispondere ai doni ricevuti. Poiché egli è guida alla saggezza, egli dirige i saggi… Nella sua mano siamo noi e le nostre parole”.
Per José, i poveri “sono un dono di Dio. Sono il nostro amore. Cristo non ci chiederà quanto abbiamo fatto, ma quanto amore abbiamo messo nella nostra opera… Dobbiamo cercare la ricchezza spirituale!”. Ma è un amore che si declina nella vita concreta di ogni giorno: “Basta una parola”, aggiunge José, “uno sguardo o un’azione piccolissima perché l’oscurità e l’angoscia lascino il cuore di quelli che amiamo. La felicità non viene tramite grandi gesti, ma con l’affetto quotidiano”.
Anche in un’altra occasione, José declina nella vita la saggezza spirituale che dispensa ai suoi amici: “Non permettiamo che il mondo si perda per mancanza di dolcezza e di bontà. Poiché sembra che il mondo sia travolto dalla fretta, e perciò si perde le cose importanti… come sorridere, parlare… Non dimentichiamoci dell’amore e della tenerezza per il nostro prossimo”.
È davvero raro incontrare un giovane di talento e di successo con una tale profondità, gioia, luce e bellezza interiore. E colpisce pensare che un ragazzo come José avrebbe potuto non nascere. Anzi, secondo molti, avrebbe dovuto non nascere. Perché quelli come José sono, secondo alcuni, un peso per la società. Secondo altri, sono condannati ad una vita infelice.
Sì, perché José è un ragazzo con la sindrome di Down. Ed è grazie alla tenacia dei suoi genitori che José ha realizzato ciò che è raro e difficile anche fra coloro che non hanno cromosomi in più, giungendo a risultati eccezionali dal punto di vista musicale e, soprattutto, umano.
José diviene così un po’ l’emblema di ciò che l’integrazione, la fiducia, la mancanza di pregiudizi e la musica possono realizzare. Lo invitano a dirigere il concerto celebrativo del trentennale del Sistema Nazionale delle Orchestre Giovanili ed Infantili del Venezuela; diviene direttore titolare dell’Orchestra Sinfonica Giovanile di Mérida; e ciò che per lui è naturale, e semplicemente consiste nel mettere a frutto il talento ricevuto, suscita stupore fra coloro che non immaginano le potenzialità che ci possono essere anche in chi nasce con un cromosoma in più: il percorso musicale di José viene studiato anche in una tesi di laurea in Scienze della Comunicazione.
L’esempio di José è stato trascinante. Oggi, racconta, ben centoventi ragazzi con disabilità studiano musica presso la cattedra di educazione musicale che lo ha portato all’orchestra giovanile; e la mamma, Teresa, sostiene che José è diventato un modello di integrazione per le persone con la sindrome di Down e la dimostrazione che, come sostiene, “quando c’è amore, non esistono barriere”.
Ed è particolarmente bello, perciò, soffermarsi a leggere un’altra delle frasi di José, che acquisisce un significato del tutto speciale quando la si colloca nel contesto della sua particolare esperienza di vita: “Rallegrati”, scrive José, “che non ti abbiano mai detto quello che puoi o che non puoi fare. E se te lo hanno detto”, aggiunge, “rifiuta questa affermazione”. Perché, come ricorda mamma Teresa, non c’è ostacolo che l’amore non possa superare.