Immobilizzata nel corpo, “inchiodata su una croce”, studia per laurearsi, collabora con un quotidiano siciliano scrivendo con un particolare programma vocale Word. Con l’aiuto di tanti amici incontra ragazzi e giovani nelle scuole ed in altri contesti educativi, parlando di perdono, del valore della vita, di speranza: «Non ho mai pensato con odio alla persona che ha commesso il reato, non ho nutrito spirito di vendetta nei suoi confronti, né lo giudico, perché non devo essere io a farlo. Perdonare non è facile, sulla terra ci sono i tribunali e in cielo c’è Dio a cui affido il perdono anche di colui che mi ha sparato».
A raccontare è Laura Salafia, trentottenne studentessa universitaria originaria del siracusano, colpita da una pallottola vagante l’1 luglio 2010 quando, a Catania, era appena uscita dalla sede della Facoltà di Lettere dove aveva dato una materia brillantemente. «Da allora – continua – sono rimasta tetraplegica e sono costretta a stare a letto o in carrozzina. La mia vita è cambiata, non posso fare tutto ciò che in passato mi era possibile. Oggi mi trovo a vivere una vita parallela, tuttavia, nonostante le difficoltà, sono felice dell’opportunità che mi viene data, perché la vita è un dono prezioso e in qualsiasi condizione vale la pena viverla». Ha affrontato delicate operazioni e terapie specializzate lontano dalla sua terra, adesso vive a Catania con gli anziani genitori in una casa che il Comune le ha dato in comodato: «Prendo di positivo quanto c’è in questa vita – aggiunge – poiché è un dono. Le difficoltà non mancano a nessuno: c’è chi si fa problemi per nulla e vive male, non rendendosi conto che l’esistenza è unica e non va sprecata. Nella mia condizione cerco di testimoniare il valore di ogni attimo».
La maggior parte della giornata la trascorre con i genitori che hanno dedicato totalmente questi anni a lei, come Maria e Giovanni ai piedi della croce, poi con gli infermieri e i fisioterapisti, ormai diventati amici; e l’amicizia è un’esperienza costante, frutto della fede, condivisa con tanti laici e consacrati nella Chiesa catanese: «La fede è un mistero – dice Laura – o la si accetta in qualunque situazione o non la si accetta affatto. Ti puoi fare domande, ma spesso non avrai risposta anche quando stai bene. Dunque devi credere come atto di abbandono in Dio. Questo l’ho imparato prima dalla mia famiglia, l’ho rafforzato in questi anni grazie alla sofferenza, agli amici, a nuove esperienze. Tra queste è particolare lo scambio epistolare con un detenuto che mi scrive tramite un’amica suora benedettina e il volontariato con i bambini e i ragazzi seguiti dall’Associazione “Cappuccini”».
Laura sente che può essere d’aiuto ai giovani e la risposta non manca sia in coloro che la vanno a trovare, sia in chi incontra nei momenti di caritativa a cui si dedica: «Mi hanno chiesto il segreto per andare avanti. Ho risposto cercando di trasmettere la voglia di vivere! Sono i cittadini di domani ed è necessario stimolarli. Sono contenta che Papa Francesco, un uomo semplice che riesce ad entrare nel cuore di tutti, abbia una speciale cura dei giovani. Ci deve essere qualcuno – e può essere lui – che possa “perforare” il cuore dei giovani, scuoterli, fargli capire ciò che conta, con poche parole, uno sguardo, un sorriso».