19. Perché a Pasqua si mangia la colomba?

19. Perché a Pasqua si mangia la colomba?

La storia dell’origine del tradizionale dolce pasquale a forma di colomba è uno degli esempi del legame tra elementi religiosi, tradizioni popolari e gesti quotidiani che segnano profondamente la nostra cultura.

a. Tra storia e leggenda: si narra che durante l’assedio di Pavia (VI sec.) il re Alboino si vedesse offrire, la vigilia di Pasqua, un dolce a forma di colomba in segno di pace. Il re apprezzò molto il dono, tanto da concedere la pace ai pavesi. Un’altra leggenda lega l’origine del dolce all’incontro tra Teodolinda e san Colombano (612). Invitato a pranzo dalla regina in tempo di Quaresima e trovandosi di fronte a cibi non consentiti dato il periodo penitenziale, il santo benedisse le vivande che si trasformarono in bianche colombe di pane.
Le diverse tradizioni sono comunque concordi nel far risalire la ricetta tradizionale al Medioevo, epoca in cui viene interpretata in modi tipici in particolare in Sicilia e in Lombardia. Nella sua forma attuale la colomba si impone nei primi del ‘900 quando una famosa casa dolciaria pensa di produrre a livello industriale un dolce con l’impasto del panettone ma con una forma adatta alla Pasqua. Negli anni ’30 la pubblicità completa l’opera di diffusione del prodotto.

b. Ma perché proprio una colomba? La scelta di questa forma ha certamente origine nella Sacra Scrittura: il richiamo più immediato è alla colomba che, nel racconto di Genesi (Gn 8,10-11), torna da Noè portando nel becco un ramoscello di ulivo, segno della fine del diluvio, simbolo della pace tra il cielo e la terra. Più sottile ma anche più profondo il rimando ai Vangeli: durante il Battesimo al Giordano ci viene detto che lo Spirito scende su Gesù come una colomba (Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,22 Gv 1,32). La colomba quindi è simbolo dello Spirito Santo, che è il primo dono del Risorto ai suoi discepoli, la sera di Pasqua: “Gesù alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,21-22).

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Sono nata in provincia di Vicenza nel 1960. Dico spesso che, dopo il diploma, ho frequentato due diverse università: prima, per diciotto anni, l'ateneo della famiglia; quindi, in parallelo, la Facoltà Teologica, dove ho completato il dottorato. Ho insegnato religione in un liceo fino al 2010. Adesso, oltre alla ricerca, mi dedico alla formazione: sono impegnata in vari modi nella catechesi di adulti e bambini e nella preparazione dei catechisti e cerco di condividere parte di questo lavoro attraverso il mio blog (www.asteccanella.altervista.org). La famiglia però è e resta la mia prima vocazione: mio marito e i miei tre figli sono preziosi, tra mille altri motivi, anche perché mi fanno capire quando la speculazione mi fa staccare troppo i piedi da terra.