Le croci di Zeni, il chiodo fisso

Le croci di Zeni, il chiodo fisso

Un portalettere di Isera, in Vallagarina, lavora con le mani e fa “parlare”  il ferro vecchio. E con il riciclo delle forchette sostiene le missioni in Africa.

Artista o artigiano?  A Diego Zeni non importano le recensioni dei critici, ma la comprensione di quanti “leggono” i suoi lavori a mano, ricavati con la forza maieutica della fantasia dal ferro vecchio. In due zappe vede il kimono delle signore orientali, da un tondino inutile raccolto in cantiere tira fuori una chiave di sol, in una scheggia di bomba sente il grido di pace di una ragazza in fuga. A questi materiali inerti recuperati dal dimenticatoio e dallo spreco, egli riesce a ridare vita nuova: una rigenerazione.

Ma il geniale portalettere di Isera, nella sua casa-museo fra i vigneti trentini della Vallagarina, ha capito fin dall’inizio di questo suo “ruspare” (il verbo dialettale indica una ricerca paziente, inesausta, di significati spirituali dentro la materia fredda) che il talento nelle mani andava valorizzato. “Penso che sia quasi una vocazione – azzarda – scoperta ancora a dieci anni in gita scolastica quando ci diedero in mano una corteccia d’albero, tutti fecero una barchetta, a me invece venne fuori uno strano capitello”.

E allora, dentro una crescita spirituale coltivata nel rapporto con lo zio missionario concezionista in Africa, fratel Clemente Maino, ecco la rilflessione sulla Parola che ricava messaggi folgoranti dagli oggetti di ferro. Bastano due chiodi – gli strumenti del patibolo, fra l’altro – piegati, incrociati e plasmati fino a ottenere  un crocifisso dal capo reclinato. Ce lo regala e l’opera d’arte contadina finisce sopra la scrivania di ogni giorno, suscitando la curiosità e la riflessione di quanti arrivano in ufficio.

Ma il chiodo fisso di Diego Zeni è quello di poter trasformare quest’abilità in un aiuto ai poveri del mondo. Per questo si è inventato una linea di oggetti di design denominata “Piron Art” (in dialetto trentino “pirona” vuol dire forchetta)  che propone portachiavi, ciondoli, orecchini, ricavati dalle posate arricchite con qualche pietra minerale colorata. Le vende a prezzi politici nei vari mercatini degli hobbysti in cui si sofferma a parlare volentieri della missione africana in cui lavorava fra i lebbrosi suo zio Clemente Maino, detto Dokita, come l’omonima ONLUS attiva per i bambini poveri nel mondo.
All’inizio di questa Quaresima Diego Zeni è stato colpito dalla scomparsa della cara moglie, che era la sua prima estimatrice insieme alla figlia Barbara. All’affetto della sua comunità si è aggiunto quello degli amici africani che si sono raccolti in preghiera facendogli sentire la loro vicinanza davanti a questa improvvisa croce.

Nella foto: Diego con uno dei crocifissi ricavati dai chiodi (foto Gianni Zotta)