Per chi come me vive a Milano non c’è ormai giorno in cui non finisca per entrarci nelle orecchie il ritornello di Expo 2015, il grande appuntamento che comincerà tra meno di 50 giorni. E non solo per il tormentone finiranno-i-lavori-oppure-no, ma soprattutto per il richiamo continuo al tema del cibo, che sarà al centro dell’Esposizione universale. Dalla grande manifestazione artistica all’iniziativa della bocciofila di periferia, di riffa o di raffa, oggi a Milano tutti parlano di cibo. È una specie di passaggio obbligato: se non dai la tua interpretazione originale su che cosa significhi «nutrire il pianeta» – il tema intorno a cui ruoterà l’Expo 2015 – vuol dire che sei decisamente out. Tra l’altro in un tempo in cui – già di nostro – siamo diventati tendenzialmente bulimici; basti pensare all’indigestione di Master Chef e fornelli, ricette esotiche o cucina bio-vegana, che imperversa su ogni rete televisiva o giornale a qualsiasi ora.
Intendiamoci: io sono assolutamente convinto che Expo 2015 sia una grande occasione e non solo per Milano. «Nutrire il pianeta» è una sfida importante e impegnativa in un mondo in cui ci sono ancora più di 800 milioni di persone che soffrono la fame. Eppure ho una gran paura: che la manifestazione che sta per iniziare si riduca a una versione globale della sagra del gnocco fritto. Perché sì, «il cibo è fame, il cibo e dono, il cibo è viaggio, il cibo è vita…», come racconta Antonio Albanese nello spot della manifestazione. Ma il cibo sono anche tante chiacchiere. E soprattutto di questo rischiamo di fare indigestione nella moderna versione del Paese dei balocchi. A dirlo – come al solito senza troppi peli sulla lingua – è stato qualche settimana fa, lo stesso papa Francesco nel video-messaggio che ha rivolto proprio agli organizzatori dell’Expo 2015: si rischiano sempre di proporre sofismi sul tema della fame – ha ammonito -. Begli slogan e basta. Mentre 3 milioni di bambini ogni anno nel mondo continuano a morire per ragioni legate alla malnutrizione.
Allora – in questa strana Quaresima ambrosiana, di magro e digiuno alla vigilia della grande abbuffata – mi viene da pensare: non varebbe la pena di portarlo proprio lì dentro, nei padiglioni di Rho-Pero, il nostro digiuno? Una piccola appendice alla Quaresima; senza nessun intento polemico ma come gesto profetico. Non dico per tutti i sei mesi, certo, ma almeno per ventiquattr’ore: perché non provare a organizzare una giornata in cui i cristiani – insieme agli uomini e alle donne delle altre religioni – non espongono solo l’opera d’arte o organizzano il convegno o il flash-mob (come fanno anche tutti gli altri), ma donano a tutti il gesto più profondo e più radicale sul rapporto col cibo che da secoli custodiscono? Rinunciare volontariamente al cibo, infatti, è la strada maestra per ritrovarne il valore, nel tempo dell’abbondanza senza domande.
Una giornata senza cibo dentro e intorno all’Expo 2015: non sarebbe un messaggio più forte di qualsiasi altra parola? Per ritrovare fino in fondo la bellezza di una tavola davvero condivisa. E per sperimentare tutti – laici e religiosi, sulla nostra pelle – quanto sia urgente dare risposte allo scandalo della fame, in un mondo ampiamente in grado di sfamare tutti.
Foto: Flickr/Marco