Il deserto delle immagini

Il deserto delle immagini

Deserto come silenzio di immagini. Oggi, che dagli schermi dei computer e dei cellulari le fotografie più disparate si contendono la nostra attenzione, questo tempo liturgico può essere dedicato al digiuno degli occhi? Forse, no. Chiuderli non è permesso e, in parte, non sarebbe giusto. Anche se spesso è il primo gesto di chi prega.

Ma queste settimane possono essere comunque occasione per domandarci qual è il valore delle immagini che ci scorrono davanti, incessantemente, rapidamente, ogni giorno. In un disperato tentativo di recuperare uno sguardo straniato che non dia nulla per scontato e ritrovi così l’essenziale, svelando il superfluo.

Pochi mesi fa un video ci ha mostrato dei bambini killer nelle file del sedicente stato islamico. La rabbia e l’indignazione sono rifluite sul web. Eppure sono decenni che i minori sono addestrati ad uccidere, in alcune regioni del globo. In Africa per esempio. Ma solo ciò che ci viene mostrato sui social oggi ci indigna.

Lo sa bene don Patriciello, sacerdote campano divenuto simbolo della lotta contro i roghi di rifiuti tossici nel napoletano. Stanco di denunciare l’inazione delle istituzioni di fronte a un fenomeno criminale che avvelena la gente, don Maurizio, recentemente, ha messo in rete, con i volti opportunamente celati, i corpi dei bambini malati di tumore a causa di quelle esalazioni mortali. Un gesto estremo, rivolto a una società che se non vede, non crede.

Ancora, in questi giorni abbiamo assistito terrorizzati al nuovo video prodotto dagli assassini del sedicente stato islamico. Turbati, impressionati dalla lugubre esecuzione dei 21 cristiani copti sulla spiaggia libica, abbiamo poi appreso che, se la strage è stata reale, le sue immagini erano state truccate, modificate ad hoc. Fotomontaggi, l’aggiunta del suono del mare e del sangue. Una post-produzione per creare uno spettacolo mortale perfetto, un irresistibile spot per l’odio. Eseguita da chi sa che l’immagine, anche se menzognera, spaventa più di mille proclami.

Tre spunti per riflettere su come una comunicazione basata soprattutto sulle immagini possa essere, a volte, superficiale, estrema, violenta e falsa. E interrogarci sulla necessità di guardare oltre quelle immagini e darsi il tempo di riscoprire i pensieri, le parole, le sofferenze reali, le urgenze sociali che sono al di là di quelle foto e che da queste a volte sono tradite. E sulla necessità a volte di riscoprire la bellezza proprio nel deserto di immagini.

 

Foto: Flickr/turboalieno

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Nato a Roma a metà dei favolosi anni Sessanta, lavora da vent'anni alla Radio Vaticana come giornalista e conduttore di programmi in diretta. Ha collaborato con L'Osservatore Romano e altre testate cattoliche. Ai microfoni di Radio Due si è occupato di cultura e intrattenimento. Laureato in Storia del teatro e dello spettacolo, autore, regista e attore teatrale, ha militato nel duo di cabaret 'I viceversa' e nel 1995 ha fondato una compagnia tuttora sulla breccia. Felicemente sposato, ha due figli che spera mettano su un gruppo rock e lo facciano cantare, ogni tanto.